"Sii la crepa": quando il vuoto salva il nostro mondo interno
«Che cosa sta sentendo in questo momento?»
«... vuoto».
Questo è uno scambio che in psicoterapia avviene spesso. C'è un momento in cui il paziente ha chiaro che dentro di sé c'è "un buco", o per meglio dire, "uno spazio". Generalmente le sensazioni di vuoto sono vertiginose, spaventano e disorientano. Siamo abituati al pieno: di spiegazioni, di connessioni, di rumori di fondo, di impegni. Per quanto a volte sia proprio il pieno a farci sentire costretti e affannati, il vuoto ci spaventa di più. Eppure, ho constatato che il vuoto può salvare la vita del proprio mondo interno, se inteso non come uno spazio di mancanza, ma come un territorio da esplorare, perché passibile di aprirci a nuovi orizzonti e significanti:
«[Le sensazioni di vuoto spesso sono] il tentativo di trattenere “dentro" uno spazio coraggioso che comunque “sente” e si mantiene intatto "per protesta", conservandosi fertile in vista di una sua possibile fioritura e preservando così la personale possibilità di cambiamento (vedi articolo citato sotto)».
Quello che invece vorrei condividere in questa sede è una "traduzione in poesia" di ciò che intendo. Si chiama "Spazio nel tuo vuoto" e suggerisce di non temere le proprie sensazioni di vuoto ma anzi, di dare loro la possibilità di abitarci per aprirci a dimensioni di noi stessi potenzialmente inedite.
Il linguaggio scientifico e razionale, quando si parla di sentimenti, è sempre inadeguato.
Solo le parole poetiche, aprendo a una dimensione analogico-immaginativa, si approssimano alla loro profondità e complessità. Per questo sarei davvero felice se noi psicologi introducessimo sempre di più questo tipo di linguaggio nei nostri discorsi. Spero che questa poesia possa essere un invito anche in questo senso.
Spazio nel tuo vuoto
Lascia andare
Le briciole nelle lenzuola
Il sassolino nella suola
La sabbia nel sacco a pelo
Il tuo mondo parallelo
Nel quale ti sai bene isolare
Lascia andare
Un respiro pieno d’aria
Una lacrima precaria
Le gare
Le zanzare
Le parole amare
Ciò che non sei riuscito a fare
A rimediare
A combinare
E le persone che non hai potuto disarmare
O innamorare
E chi ti ha saputo solo ignorare
O devastare
Lascia andare
L’uccellino sul davanzale
E chi non può restare
Perché anche se vi volete bene
Quando siete insieme
Poi vi fate male
Lascia andare
Pure se è un colpo nel petto
Non poter fermare
Quell’attimo perfetto
In cui hai saputo amare
Lascia andare
L’espressione sul tuo volto
Ciò che non ti fa crescere
L’orecchio senza ascolto
Il nodo nelle viscere
Lascia andare
Crea uno spazio nel tuo vuoto
Fai emergere l’ignoto
Sii curioso del tuo mare
Provati ad abbracciare
Il dolore può essere lo spunto
Per una storia nuova da inventare
Che non sia solo il riassunto
Di ciò che fino a oggi sei riuscito a balbettare
Lascia andare
Torna a scorrere davvero
Torna a desiderare
Sii la crepa che disprezzi
Ma che illumina i tuoi pezzi
E ti fa sentire intero
Ho studiato approfonditamente le sensazioni di vuoto e per maggiori delucidazioni in merito rimando a questo articolo scientifico che ho pubblicato nel 2017:
https://www.aippc.it/wp-content/uploads/2019/04/2017.02.189.199.pdf