"Leggete, staccatevi dagli schermi", parola di Bruno Le Maire
"Leggete, staccatevi dagli schermi. Gli schermi vi divorano, la lettura vi nutre. Gli schermi vi svuotano, i libri vi riempiono. Fa tutta la differenza. La letteratura e i libri vi permetteranno di scoprire quanto siete unici e fino a che punto non assomigliate a nessun altro. È quello che fa l'umanità. Ogni persona è unica. Ed è la letteratura che ce lo insegna".
Così il ministro dell’economia francese, Bruno Le Maire, si è rivolto ai giovani in un coinvolgente discorso che ha fatto il giro del mondo.
Leggete, staccatevi dagli schermi.
Queste parole mi hanno colpito per almeno due motivi: io e il ministro dell’economia francese la pensiamo allo stesso modo, ed è proprio attraverso uno schermo che sono entrato in contatto con questo appello. Da una parte mi sento quindi chiamato a diffondere un messaggio che non solo condivido in pieno, ma che cerco di vivere ogni giorno sulla mia pelle. Dall’altra mi sentirei di ammorbidire questo tipo di ingiunzione, cercando di evidenziare come gli schermi non siano solo strumenti di perdizione.
Difatti, nel prosieguo del video Le Maire assume una posizione quasi estrema, aggiungendo che i “giganti del digitale” tendano a renderci schiavi attraverso un condizionamento ben organizzato. Per carità, posizione condivisibile e per certi versi nemmeno troppo lontana dalla verità. Ci sono pool di esperti e di scienziati che lavorano costantemente per trovare nuovi “trucchetti” con cui alimentare la dipendenza da news, social network e quant’altro.
La letteratura e i libri, al contrario, sembrano essere la soluzione alla crisi dell’identità che osserviamo nei giovani, sempre a detta del ministro. Il libro rimanda all’unicità delle persone, che oggi tanto si fatica a coltivare, gli schermi boicottano questa ricerca e tendono a uniformare sia il pensiero che la personalità. Partendo da queste premesse ci troviamo di fronte a un pericoloso aut aut, che nella mente di un adolescente di oggi potrebbe suonare come un disperato tentativo di controllo da parte della vecchia generazione.
Sebbene condivida il messaggio di Le Maire, dunque, mi sento chiamato a tradurne il contenuto. Gli schermi non sono il nemico, e i libri non sono la soluzione. È aumentato l’utilizzo dei social network ed è salita alle stelle la dipendenza dagli strumenti tecnologici? Verissimo. Oltre una persona su due praticamente non legge? Allarmante.
Tuttavia, non credo che la reazione migliore a questo impoverimento culturale sia quella di demonizzare i “giganti del digitale”. Questi ci permettono costantemente di costruire lavoro, di diffondere contenuti, di relazionarci e di prestarci sostegno. E non credo nemmeno che bombardando i giovani di consigli possiamo offrire loro un’alternativa a quegli schermi che, inevitabilmente, tanto hanno da offrire alla loro curiosità e alla loro fame di esperienze.
Leggere un libro nel modo in cui suggerisce Le Maire, in ogni caso, non è affatto semplice. Di fatto, quello che possiamo provare a fare concretamente è educare le persone all’ascolto di sé, costruendo consensi intorno all’idea della lettura come esperienza di esplorazione e di trasformazione. Ai giovani non servono consigli, ma contesti di apprendimento e di condivisione. Contesti in cui vengano realmente riconosciuti nella loro unicità, in cui i loro sentimenti e le loro idee possano essere validati, e non disconfermati poiché diversi dalla tendenza del momento.
Educare alla lettura è qualcosa di diverso dall’imposizione di “chi la sa lunga”, e soprattutto è un processo che richiede tempo e dedizione. È certamente una proposta alternativa. Pochi oggi, in qualsiasi ambito, ti formano a utilizzare il loro prodotto, poiché sono troppo impegnati a cercare strategie per vendertene il più possibile. Un paradigma che, utilizzando le parole di Stephen Covey*, potremmo definire di "vinco-perdi".
Nella mia esperienza, solo attraverso la cura della relazione e un’autentica curiosità dell’altro si può creare una cultura di interdipendenza, in cui potersi conoscere e realizzare con una maggiore consapevolezza e responsabilità. In un clima di fiducia che, sempre con Covey, descriverei come "vinco-vinci". Così, è possibile rendere anche la lettura di un libro un’esperienza trasformativa, capace di costruire cultura e benessere in quanto generativa di qualcosa che va oltre il prodotto “libro”.
C’è chi ama leggere, e lo fa in solitudine senza problemi. Ma per rendere utile e realmente virale un messaggio come quello del ministro francese, bisogna creare delle proposte che facciano leva sul senso di appartenenza, sull’istinto all’autonomia e sulla ricerca di senso. Tutti aspetti che i famosi schermi riescono ad appagare, almeno apparentemente, alla perfezione.
*S.R.Covey (2014), Le 7 regole per avere successo, FrancoAngeli, Roma
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