Elaborazione del lutto: cosa si perde con la Perdita
Una delle cose che mi manca di più dell’essere bambina è che quando sei piccola tutti i film che guardi hanno il lieto fine: Cenerentola sposa il principe, Dorothy del Mago di Oz ritorna a casa, Pinocchio diventa un bambino vero! Il lieto fine piace a tutti, ma quando cresci ti accorgi che non sempre le storie finiscono bene e inizi a comprendere che non tutto ha un lieto fine, certe storie hanno addirittura un finale triste...
Io l’ho capito a 13 anni, quando un grave lutto ha colpito la mia famiglia e tutto è cambiato di colpo.
Perché perdere una persona amata e importante fa proprio questo: non è solo il dolore lacerante e la paura che ti attanaglia, ma il fatto che all’improvviso perdi un pezzetto di te stesso; smarrisci una prospettiva che era sempre stata lì, arrivi a perdere una parte della tua identità e del tuo ruolo.
Sarà sempre un mistero la potenza della perdita: come può un vuoto, un’assenza, avere un peso così schiacciante...?
Il processo di elaborazione del lutto è un vero e proprio lavoro di riadattamento emotivo e di riorganizzazione di sé e del proprio sistema familiare. La difficoltà maggiore sta nel cercare nuovi significati in un momento dove tutto, o quasi, sembra non avere più un senso.
Tuttavia, è fondamentale elaborare in maniera adeguata tutto questo, perché altri significati esistono, c’è ancora dell’altro, si può fare altro. Talvolta si ha una certa riluttanza a superare il dolore, per timore di allontanarsi dalla persona persa. In realtà, elaborare il lutto non significa dimenticare coloro che abbiamo amato, ma piuttosto continuare ad amarli nella loro presenza interna.
Lo scopo non è guarire (da cosa?!), né cancellare il dolore (impossibile!). Io credo che rimanga sempre quella malinconia di fondo: si affievoliscono i sentimenti più intensi, ma echeggia il rammarico per ciò che “sarebbe potuto essere”, per ciò che “poteva, ma non è stato”…
La sofferenza e lo smarrimento iniziali possono lasciare poi il posto ad un dolore meno intenso, più sopito: una sorta di sottofondo al quale poi ci si abitua, che ci consente, come amo pensare, di cambiare il “colore dei ricordi”, scegliendo quelli più dolci e felici, quelli che ci fanno sorridere permettendoci così di sentirci più “attrezzati”, perché siamo stati amati.
Lo scopo nell’elaborare il lutto lo spiega molto meglio di me Hermann Hesse in “Gradini”, una profonda poesia che tratta con malinconia e dolcezza proprio il tema della perdita, invitando a vedere il dolore come una fase di cambiamento ed esortando alla “guarigione”:
Come ogni fior languisce e
giovinezza cede a vecchiaia,
anche la vita in tutti i gradi suoi fiorisce,
insieme ad ogni senno e virtù, né può durare eterna.
Quando la vita chiama, il cuore
sia pronto a partire ed a ricominciare,
per offrirsi sereno e valoroso ad altri, nuovi vincoli e legami.
Ogni inizio contiene una magia
che ci protegge e a vivere ci aiuta.
Dobbiamo attraversare spazi e spazi,
senza fermare in alcun d’essi il piede,
lo spirto universal non vuol legarci,
ma su di grado in grado sollevarci.
Appena ci avvezziamo ad una sede
rischiamo d’infiacchire nell’ignavia:
sol chi e’ disposto a muoversi e partire
vince la consuetudine inceppante.
Forse il momento stesso della morte
ci farà andare incontro a nuovi spazi:
della vita il richiamo non ha fine...
Su, cuore mio, congedati e guarisci…