Il soccorso nel buio
Scendere nel buio per soccorrere.
Affrontare la notte dove è sempre buio.
Sentire il rumore dell’acqua che si insinua nei pertugi delle rocce.
Dalle gocce di uno stillicidio ai rivoli copiosi che scivolano sulle pareti, fino alle cascatelle che inzuppano tuta e sottotuta.
Calarsi per ottanta, cento metri nell’oscurità portando sulle spalle le fatiche della giornata.
Mantenere lucidità e concentrazione per trovare, tra le rocce, la strada per raggiungere chi si è infortunato.
Predisporre il passaggio del ferito.
Lavorare in squadra.
Scendono sottoterra calandosi lungo una corda, cercando di far passare una barella tra le strettoie di una grotta. Possono, devono farlo solo in gruppo.La velocità del soccorso in grotta è molto minore di quella in superficie. Un banale infortunio, in grotta si traduce nell’intervento di più squadre di soccorritori iperspecializzati, capaci di prestare aiuto nei vuoti di cui è piena la terra.
Quando c’è un incidente in grotta l’attenzione mediatica si focalizza sul mondo sotterraneo e sui suoi esploratori. Nel 2018 una grotta thailandese catalizzò per settimane l’attenzione mondiale per le sorti dei ragazzi rifugiativisi e lì intrappolati dall’acqua, all’esordio della stagione monsonica. In questi giorni, invece, si è guardato più vicino. Le squadre del Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS) hanno soccorso uno speleologo infortunatosi nell’Abisso dei Giganti, nel Pian del Tivano, nel Comasco.
“Perché andare laggiù?” E’ la domanda che si pongono in molti, soprattutto all’indomani di un incidente. Il quesito si fa più stringente quando si considera il buio, il rischio e l’ignoto che gli speleologi affrontano calandosi nel vuoto e strisciando tra lame di roccia.
Eppure molti di coloro che si pongono il quesito, da ragazzi, avranno divorato le pagine di Jules Verne che nel suo “Viaggio al centro della terra” descriveva la fantascientifica esplorazione sotterranea che prendeva le mosse dal vulcano Sneffels, in Islanda. Dal 1864, anno della sua pubblicazione, migliaia di lettori hanno apprezzato il libro di Verne. Il romanzo solletica il gusto della scoperta e la motivazione all’esplorazione, in linea con quanto illustrato dallo psicologo americano Abraham Maslow, nella piramide dei bisogni umani di base.
Nel 2020, in un mondo in cui tutto si conosce, scrutato dai satelliti e tracciato dalle telecomunicazioni, quello che c’è sotto i piedi nutre ancora la sete di scoperta dei moderni esploratori.
L’esplorazione speleologica porta a conoscere le vastità che si celano nel sottosuolo. La speleologia è una disciplina scientifica (dal greco spélaion=caverna e lògos=discorso) e lo speleologo va in grotta per scoprire. Nell’attività speleologica si intrecciano la conoscenza scientifica, le abilità tecniche e sportive, il piacere della scoperta e l’amore per l’avventura. Studi relativi alle acque, alle rocce e agli animali del mondo ipogeo sono solo alcune delle sfaccettature dell’esplorazione del sottosuolo.
Le meraviglie del vuoto sottoterra, il sapore della scoperta e l’attenzione ai preparativi di un’esplorazione sono sconosciuti ai più. Si scoprono luoghi privi di luce ma ricchi di magnificenza, in grado di ospitare fiumi, Canyon e forme di vita tanto rare quanto insolite, come il proteo. Lo speleologo esperto e attento scoprirà saloni grandi quanto cattedrali, volte arabescate e laghi con acqua cristallina e appagherà l’umana sete di viaggiare e di esplorare. Il soccorritore speleologo, in più, sarà gratificato dall’aver prestato soccorso in un mondo complesso dove il suo aiuto è tanto esclusivo quanto prezioso.
Fonti