Lo psicologo nella gestione della cronicità
L’Italia è il primo paese, in Europa, ad avere un Piano Nazionale della Cronicità (PNC). La sensibilità crescente per questa condizione di malattia nasce da diverse esigenze:
- Rappresenta un elevato costo sanitario
- È un fenomeno in crescita
- Necessita di una presa in carico sistemica
Lo psicologo è uno dei protagonisti del PNC, nel quale sono fondamentali la cooperazione dei vari operatori, la partecipazione attiva della famiglia e l’aderenza al trattamento. Questi fattori sono obiettivi verso i quali sviluppare competenze psicologiche, di lettura del contesto e dei rapporti.
La gestione della cronicità, infatti, è una vera sfida per gli operatori sanitari, per i pazienti, per le famiglie. Laddove l’obiettivo sia diverso dalla “guarigione”, intesa come ripristino di un precedente equilibrio, risulta complesso organizzare degli interventi volti a costruirne di nuovi.
Il punto centrale non è tanto quello di favorire un adattamento funzionale del malato, seppure sia importantissimo attivare strategie di minimizzazione dei sintomi e di miglioramenti del quadro clinico. Però, i due aspetti per i quali bisogna trovare delle strategie efficaci, sono i seguenti:
- Gestire preventivamente il disagio
- Garantire la migliore qualità della vita possibile
La malattia cronica destabilizza. Va a incidere sull’autostima, sull’indipendenza, sullo stile di vita. Farsene carico significa accordare con le persone ogni passo in avanti, seppur minimo, verso una corretta gestione della malattia, verso l’acquisizione di risorse motivazionali, verso il rafforzamento dell’alleanza terapeutica con i vari professionisti della salute.
Gli interventi psicologici diventano così essenziali, punti di partenza e di monitoraggio, laddove la qualità della vita deve continuamente essere rinegoziata con gli altri attori, con i propri familiari e con la propria sofferenza.
Disabilità e cronicità sono ancor più debilitanti nella prima infanzia e nell’età evolutiva. In questo senso la prevenzione riesce a fare letteralmente la differenza. Nelle fasi iniziali dello sviluppo, infatti, le emozioni e le relazioni sono in forte simbiosi con la dimensione corporea. Ci sono una serie di compiti evolutivi legati al corpo, al contatto e al gioco con i coetanei, alla scoperta della sessualità.
Il disagio cronico in queste fasi può incidere profondamente, nel presente e nel futuro, sulla qualità della vita di chi ne sia afflitto. Si pensi ai limiti esperienziali di un bambino diabetico. In questo caso lo psicologo può intervenire per prevenire auto-limitazioni indotte dall’imbarazzo o dal senso di impotenza derivanti dalla malattia.
PNC, un grande passo in avanti. La questione è il “come” verrà interpretato a livello regionale e locale, ma comunque è un ottimo punto di partenza. Il riconoscimento della cronicità come problema sistemico da un lato, e la concezione di intervento psicologico preventivo dall’altro, consentiranno un miglioramento della qualità di vita delle persone e un risparmio economico per la salute.
Fonti
http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2584_allegato.pdf